
Premessa
Tra le novità della c.d. “manovra correttiva”, osserviamo l’articolo 57, comma 1, del D.L. 50/2017 che ha sostituito i commi 2, 5 e 6 del D.L. 179/2012, convertito con modificazioni dalla L. 221/2012. Questa modifica normativa ha consentito di estendere alle PMI la possibilità di ricorrere all’equity based crowdfunding, prima riservata alle start-up innovative e alle PMI innovative.
Questa opportunità nasce con la finalità di donare un nuovo slancio ad uno strumento innovativo di finanza aziendale che può permettere alle imprese stesse di affrancarsi dal classico canale del finanziamento bancario offrendo nuove opportunità di accedere a risorse finanziarie con modalità alternative.
Con il D.L. n. 179/12, il c.d. “Decreto Crescita 2.0”, l’Italia è stato il primo Paese in Europa a dotarsi di una normativa organica sull’Equity Based Crowdfunding e successivamente il 26 giugno 2013 con Delibera n. 18592, la Consob ha regolamentato ed autorizzato i portali on-line di raccolta dei fondi, aprendo la strada ad una forma di finanziamento in cui gli investitori possono acquistare direttamente quote di società a responsabilità limitata che sviluppano un particolare progetto imprenditoriale. Inizialmente questa possibilità era prevista solamente per le start-up e PMI innovative, ora, invece, con il comma 70 dell’art. 1 della L. 232/2016, c.d. “Legge di Bilancio 2017”, l’Equity Crowfunding è stato reso applicabile a tutte le PMI. |
Il crowdfunding, è una via di finanziamento alternativa al canale bancario. L’investimento è suddiviso in più quote di modesta entità, cui possono accedere anche i piccoli finanziatori. L’interazione tra finanziatori e imprenditori avviene tramite piattaforme online, che devono avere come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle PMI. Normalmente è utilizzato al fine di sostenere progetti imprenditoriali in fase iniziale, i quali, soprattutto in un periodo di credit crunch come quello attuale incontrano svariate difficoltà di accesso al credito bancario o di reperimento delle risorse necessarie alla fase di start-up. L’etimologia della parola deriva dalla combinazione dai termini anglosassoni “crowd” (folla) e “funding” (finanziamento), inteso quindi come finanziamento di un progetto elargito da una moltitudine di persone.
Di crowdfunding se ne possono distinguere vari modelli sulla base delle modalità di funzionamento della raccolta dei fondi e del tipo di rapporto che intercorre tra il soggetto che finanzia e quello che richiede il finanziamento, in particolare i più significativi e diffusi appaiono essere i seguenti quattro: |
– Lending based: la cui raccolta è incentrata maggiormente su microprestiti tra soggetti privati. |
– Donation Based: è una raccolta fondi attraverso un portale web in cui non è prevista una forma di rimborso delle somme versate, né un ritorno o premio a favore dei sostenitori del progetto. |
– Reward Based: i soggetti che sostengono un’iniziativa ricevono in cambio una ricompensa, spesso rappresentata dalla prevendita del prodotto oggetto dell’iniziativa finanziata, con uno sconto rispetto al prezzo praticato al momento della commercializzazione. |
– Equity based: i soggetti che intendono sostenere un progetto imprenditoriale proposto dalla piattaforma web effettuano un versamento di denaro che viene utilizzato per la sottoscrizione o acquisto di una partecipazione al capitale della società promotrice. Esempi di piattaforme di questo tipo in Italia possono essere, “Siamo Soci”, “Crowdfundme”, “Avviamoci”, ecc. |
Il presente articolo, per ragioni di maggior interesse suscitato dalla tematica in oggetto, tratterà solamente l’ultima delle tipologie di crowdfunding, che risulta anche l’unica ad essere dotata di una regolamentazione normativa.
ATTENZIONE Relativamente a quanto disposto dalla c.d. “manovra correttiva”, la disciplina, inizialmente rivolta solamente alle start-up e PMI innovativa, ha subito un ampliamento del profilo soggettivo, che vede coinvolte tutte le PMI costituite sotto forma di società a responsabilità limitata. Infatti, le quote che compongono il capitale di queste ultime tipologie societarie, possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso portali per la raccolta dei capitali, nei limiti previsti dalle leggi speciali. In particolare, per quanto riguarda le società a responsabilità limitata, l’art. 2468 del Codice Civile prescrive che “le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni né costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari”. La nuova previsione contenuta nell’articolo 57 del D.L. 50/2017, esteso la deroga all’applicazione di questo divieto anche alle PMI “tradizionali”, creando così un avvicinamento per le società di piccole dimensioni al modello capitalistico “puro” delle società per azioni. |
Questa nuova disciplina è applicabile a quelle società di capitali qualificabili come “PMI”, che, secondo la classificazione comunitaria ed ai sensi del Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 18 aprile 2005, sono quelle imprese che:
- hanno meno di 250 occupati;
e:
- hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.
Sempre lo stesso Decreto prevede che: |
l’importo cui fare riferimento per verificare il rispetto dei limiti di fatturato è quello corrispondente alla voce A.1 del Conto economico redatto secondo i criteri civilistici; |
per “totale di bilancio” s’intende il totale dell’attivo patrimoniale; |
per “occupati” s’intendono i dipendenti dell’impresa a tempo determinato e indeterminato iscritti nel libro matricola dell’impresa e legati all’impresa da forme contrattuali che prevedono il vincolo di dipendenza, fatta eccezione per quelli posti in Cassa Integrazione Straordinaria. |
Quelle imprese che rispettano questi limiti dimensionali potranno fare riferimento alla normativa nazionale dell’equity crowdfunding.
Inoltre, l’articolo 57 del D.L. 50/2017 ha previsto, anche per le PMI costituite in forma di S.r.l. che il divieto per operazioni sulle proprie partecipazioni stabilito dall’articolo 2474 del Codice Civile non trovi applicazione qualora l’operazione sia compiuta in attuazione di piani d’incentivazione che prevedano l’assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori o componenti dell’organo amministrativo.
Secondo il combinato disposto di tutte le normative che si sono succedute in tema di equity crowdfunding si evince innanzitutto che le operazioni possono essere proposte a terzi solamente tramite portali on-line gestiti da operatori specializzati. In particolare la gestione dei portali è un’attività riservata solamente a:
- banche ed imprese d’investimento, definiti come “gestori di diritto” in quanto non necessitano di autorizzazioni specifiche ma sono annotati nel registro speciale tenuto dalla Consob;
- altri gestori “autorizzati” dalla Consob, iscritti nella sezione ordinaria del registro.
Per questi ultimi soggetti l’iscrizione nella sezione ordinaria consente di avere un’esenzione rispetto alle regole MiFID “ordinarie” relative ai servizi d’investimento, in quanto la normativa Consob li obbliga a seguire una disciplina ad hoc per il rispetto delle relazioni con gli investitori contenute nell’art. 50 quinquies, comma 5, lettera d del TUF. Inoltre è fatto loro divieto di detenere i fondi raccolti, ai sensi dell’art. 25 del Regolamento Consob. Infatti, ogni gestore deve assicurare che la provvista necessaria al perfezionamento di ciascuna offerta sia detenuta in un conto indisponibile acceso presso banche o intermediari di deposito e destinato all’offerente. Da ultimo, ai sensi dell’art. 50 quinquies, comma 2, del TUF, è fatto divieto per questi soggetti di eseguire direttamente gli ordini, con l’obbligo di trasmettere gli stessi ad intermediari autorizzati per il perfezionamento.
I portali, inoltre, devono fare in modo, anche attraverso l’utilizzo di tecniche multimediali, che il futuro investitore, prima di effettuare una sottoscrizione, possa completare un “percorso d’investimento consapevole” nel quale può prendere visione:
- del rischio di perdita dell’intero capitale investito;
- del rischio d’illiquidità dell’investimento;
- del divieto di distribuzione di utili previsto per le start-up innovative dall’art. 25 del D.L. 179/2012;
- del trattamento fiscale di tali investimenti;
- delle deroghe previste dall’art. 26 del D.L. 179/2012, in tema di diritto societario, per start-up e PMI innovative;
- dalle deroghe previste dall’art. 31 del D.L. 179/2012, in tema di diritto fallimentare, per le start-up innovative;
- dei contenuti tipici di un business plan del Regolamento o Statuto di un OICR.
Le principali caratteristiche di un’operazione di equity crowdfunding sono le seguenti:
- l’offerta, per un corrispettivo totale non superiore a 5.000.000 euro;
- almeno il 5% del capitale offerto sia sottoscritto da investitori professionali.
A tal fine, sono definiti investitori “professionali” le banche, le imprese d’investimento, OICR, fondi, ecc., oltre a soggetti definiti come investitori “professionali su richiesta”. Di questa categoria fanno parte soggetti che devono preventivamente richiedere di essere classificati come tali. Possono assumere questa qualifica le persone fisiche o giuridiche che, a seguito della valutazione di un intermediario finanziario di cui sono clienti, soddisfino almeno due delle seguenti caratteristiche:
- l’investitore ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato in questione con una frequenza media di 10 operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti;
- il valore del portafoglio di strumenti finanziari dell’investitore, inclusi i depositi in contante, deve superare 500.000 euro;
- l’investitore lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti.
In aggiunta a questa categoria il Legislatore ha previsto anche la figura degli “investitori a supporto dell’innovazione” che comprende quei soggetti che dispongono di un valore del portafoglio di strumenti finanziari, inclusi i depositi in contante, superiore a 500 euro, ed hanno effettuato, nell’ultimo biennio, almeno tre investimenti nel capitale sociale o a titolo di finanziamento soci in start-up innovative o PMI innovative, ciascuno dei quali per un importo pari almeno a 15.000 euro oppure hanno ricoperto, per almeno 12 mesi, la carica di Amministratore esecutivo in una start-up innovativa o PMI innovativa, diversa dalla società offerente.
Qualora non venga raggiunto il 100% delle adesioni, di cui il 5% da parte di investitori professionali ed assimilati, l’offerta decade e le somme versate per la sottoscrizione degli strumenti finanziari nel conto indisponibile sono restituite agli investitori.
Gli investitori c.d. “retail”, ovvero non considerati professionali, godono di particolari tutele, infatti, hanno diritto di recedere, con restituzione delle somme investite e senza nessuna spesa, entro 7 giorni dalla sottoscrizione dell’ordine d’acquisto delle quote di capitale, a prescindere dalle motivazioni sottostanti le decisioni. Inoltre, è previsto che negli statuti dei soggetti emittenti vi siano particolari clausole a tutela delle minoranze: tag-along e pubblicità dei patti parasociali.
Al fine di agevolare questi investimenti il Legislatore ha previsto alcuni vantaggi fiscali per gli investitori.
Se chi investe è una persona fisica vi è la possibilità di detrarre ai fini IRPEF un importo pari al 19% della somma investita nel capitale sociale di una o più start up innovative (detta aliquota sale al 25% nel caso in cui queste società siano “a vocazione sociale” o che sviluppino e commercializzino esclusivamente prodotti innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico). L’investimento massimo deducibile non può eccedere l’importo di 500.000 euro e deve essere mantenuto per almeno tre anni, pena la restituzione dell’importo detratto maggiorato degli interessi legali. Nel caso in cui l’investimento sia effettuato da persone giuridiche le stesse possono dedurre ai fini IRES un importo pari al 20% della somma investita nel capitale di start-up innovative (aliquota che sale al 27% per gli stessi soggetti indicati precedentemente) e, a parità di condizioni rispetto alle persone fisiche, l’investimento massimo deducibile non può eccedere la somma di 1.800.000 euro.