E’ approdato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze che detta le regole per la liquidazione dell’IVA secondo la contabilità di cassa. I contribuenti in possesso dei requisiti di legge (volume d’affari annuo non superiore a 2 milioni di euro) possono avvalersi del regime contabile istituito dall’art. 32-bis del D.L. n. 83/2012 già per le operazioni effettuate dal 1° dicembre, esercitando l’opzione secondo le modalità individuate dall’Agenzia delle Entrate con provvedimento del 21 novembre 2012.
Il nuovo regime è applicabile a partire dal 1° dicembre 2012. Così stabilisce l’art. 8 del Decreto attuativo dell’11 ottobre 2012 del Ministero dell’Economia: la sisposizione, si ricorderà, colse un po’ di sorpresa tutti gli operatori, che puntavano sulla partenza dal 2013 (in questo senso, con motivazioni collegate alla decorrenza del recepimento della direttiva n. 45/2010/UE, anche Assonime nella circolare n. 27 del 10 ottobre scorso).
Il Governo ha giocato d’anticipo, consentendo ai contribuenti in possesso dei requisiti di legge (volume d’affari annuo non superiore a 2 milioni di euro) di avvalersi del regime contabile istituito dall’art. 32-bis del D.L. n. 83/2012 già per le operazioni effettuate dal 1° dicembre. Con provvedimento del 21 novembre 2012, l’Agenzia delle Entrate ha individuato le modalità dell’opzione“.
Il decreto ministeriale non si limita a fissare la decorrenza del nuovo regime (e la contemporanea cessazione delle regole dell’art. 7 del D.L. n. 185/2008, con un “passaggio di consegne” che richiederebbe qualche precisazione), ma reca anche disposizioni di attuazione che in buona misura sono la parafrasi delle norme del citato art. 32-bis. In considerazione di ciò, vediamo alcuni passaggi del decreto.
Simmetria del regime contabile di cassa
Il contribuente che si avvale del nuovo regime liquida l’IVA con il criterio, appunto, di cassa, in quanto:
- da un lato, l’esigibilità dell’imposta sulle operazioni attive è differita al momento dell’incasso del corrispettivo da parte del cliente (o di un terzo);
- dall’altro, il diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti è differito al momento del pagamento del corrispettivo al fornitore (su questo punto si tornerà più avanti).
Il differimento, in entrambi i casi, cessa alla scadenza di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione; decorso tale termine, quindi, l’IVA sulle operazioni attive si rende dovuta e quella sugli acquisti si rende detraibile, anche in assenza del pagamento del corrispettivo.
L’art. 4 del decreto chiarisce, comunque, che per le operazioni attive restano fermi gli obblighi di cui al titolo secondo del D.P.R. n. 633/1972, e dunque, in primis, quello di fatturazione e di registrazione delle operazioni, le quali concorrono a formare il volume d’affari del contribuente (e partecipano alla determinazione dell’eventuale pro-rata di detrazione) nell’anno di effettuazione (indipendentemente dall’incasso).
Il differimento, infatti, riguarda soltanto l’esigibilità dell’imposta, che sarà computata nella liquidazione periodica del mese o trimestre nel corso del quale è incassato il corrispettivo. Di conseguenza, la contabilizzazione secondo il criterio “di cassa” non sostituisce, ma si aggiunge, alla contabilizzazione secondo gli ordinari criteri collegati all’effettuazione dell’operazione (con una inevitabile – e già sperimentata – complicazione gestionale).
Sterilizzazione del limite temporale
Il limite temporale di un anno (dal momento di effettuazione dell’operazione) al differimento dell’esigibilità non opera qualora, prima del decorso di tale termine, il cessionario/committente sia stato assoggettato a “procedure concorsuali”. Sul punto, l’art. 2 del decreto ricalca la norma di legge, non menzionando le procedure “esecutive” individuali, che sterilizzavano invece il limite nella disciplina dell’art. 7 del D.L. n. 185/2008.
Pagamenti parziali
Recependo la soluzione già adottata con riferimento al citato art. 7 del D.L. n. 185/2008, l’art. 4 del decreto stabilisce che, nel caso di incasso parziale del corrispettivo, l’IVA si rende esigibile nella misura corrispondente al rapporto fra l’importo incassato e il corrispettivo complessivo dell’operazione. Il medesimo criterio è enunciato nel successivo art. 5 con riguardo alla determinazione pro-quota dell’IVA detraibile sugli acquisti in ipotesi di parziale pagamento del corrispettivo ai fornitori.
Nascita/esercizio del diritto alla detrazione
Il contribuente che si avvale del regime di cassa, come si è detto, soggiace ad una sorta di principio di simmetria imposto dall’art. 167-bis della direttiva n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006, aggiunto dalla citata direttiva n. 2010/45/UE, secondo cui il diritto a detrazione dello stesso contribuente è “posposto fino al pagamento dell’IVA, al suo fornitore, relativa ai beni o servizi” che gli sono resi. Conformemente, l’art. 1, comma 2, del decreto stabilisce che il diritto alla detrazione dell’IVA relativa agli acquisti “sorge nel momento del pagamento dei relativi corrispettivi”.
A questa disposizione, sicuramente più puntuale rispetto alla confusa formulazione del corrispondente precetto nell’art. 32-bis del D.L. n. 83/2012, fa da pendant il successivo art. 5, comma 1, secondo cui il diritto alla detrazione “è esercitato […] a partire dal momento in cui i relativi corrispettivi sono pagati, o comunque decorso un anno dal momento in cui l’imposta diviene esigibile secondo le regole ordinarie ed alle condizioni esistenti in tale momento”. Sembra di poter dire, quindi, che la portata del diritto alla detrazione deve essere determinata con riferimento alla situazione esistente al momento del pagamento del corrispettivo (o allo spirare dell’anno), e non al momento di effettuazione dell’operazione.
Un’altra deroga ai principi generali riguarda il cessionario/committente, destinatario di forniture poste in essere dai contribuenti che si avvalgono del regime di cassa, per il quale il comma 4 dell’art. 1, riprendendo la norma speciale dell’art. 32-bis, precisa che “il diritto alla detrazione sorge in ogni caso al momento di effettuazione dell’operazione” (salvo che lo stesso cessionario/committente si avvalga, a sua volta, del regime di cassa). Agganciando l’insorgenza del diritto alla detrazione al momento di effettuazione dell’operazione, anziché, come previsto in via ordinaria, al momento di esigibilità dell’imposta, la norma fa sì che l’adozione per il regime di cassa da parte del cedente/prestatore non abbia ripercussioni negative per i cessionari/committenti, i quali non avranno quindi più motivo per “spingere” i fornitori a rinunciare ad avvalersi del particolare regime.
Occorre evidenziare che la norma tiene comunque fermo l’obbligo per il soggetto che si avvale del regime di cassa di segnalare tale circostanza nelle fatture emesse, annotandovi il riferimento all’art. 32-bis del D.L. n. 83/2012. La relazione illustrativa del decreto precisa, tuttavia, che l’omissione di questa indicazione è una violazione di carattere formale.
Operazioni escluse
L’art. 4 del decreto, in armonia con la norma istitutiva, precisa che il regime di cassa non è applicabile alle seguenti operazioni:
- operazioni effettuate nell’ambito di regimi speciali di “determinazione” dell’IVA; in proposito, si deve segnalare che la legge parla invece di regimi di “applicazione” dell’IVA, sicché occorre capire quale sia la ragione della diversa espressione impiegata dal decreto (per esempio, il regime speciale per l’agricoltura di cui all’art. 34 del D.P.R. n. 633/1972 è un regime speciale di detrazione, non qualificabile quindi come regime speciale di applicazione dell’imposta, ma suscettibile di essere latamente ricondotto nei regimi speciali di “determinazione” dell’imposta);
- operazioni effettuate nei confronti di destinatari che non agiscono in veste di soggetti passivi dell’IVA
- operazioni effettuate nei confronti di soggetti che assolvono l’imposta con il meccanismo dell’inversione contabile;
- operazioni ad esigibilità differita di cui all’art. 6, comma 5, secondo periodo, D.P.R. n. 633/1972 (ad esempio, forniture allo Stato, alle regioni, ecc.).
Una previsione innovativa (ma del tutto in linea con la ratio della norma) si rinviene nel comma 3 del decreto, che esclude dal differimento del diritto alla detrazione le seguenti operazioni passive ricevute dai contribuenti che applicano il regime di cassa:
- acquisti di beni e servizi soggetti ad imposta con il meccanismo dell’inversione contabile (es. acquisti da soggetti esteri);
- acquisti intracomunitari di beni;
- importazioni di beni;
- estrazioni di beni dai depositi IVA.
Ingresso ed uscita
Le disposizioni degli articoli 6 e 7 del decreto, infine, attengono all’accesso e all’uscita dal regime di cassa. Si prevede, in primo luogo, che l’opzione per l’ingresso nel regime e la revoca dell’opzione stessa vanno espresse con le modalità individuate con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, e che l’opzione ha effetto dal 1° gennaio dell’anno nel corso del quale è esercitata, oppure dal momento dell’inizio dell’attività se è esercitata in tale sede.
Se nel corso dell’anno è superato il limite di 2 milioni di euro, è prevista la cessazione del regime speciale a decorrere dalle operazioni effettuate nel mese successivo a quello nel corso del quale è avvenuto il superamento. In questo caso, nonché nell’ipotesi di revoca del regime di cassa, nella liquidazione relativa all’ultimo mese di applicazione del regime speciale il contribuente deve computare a debito l’IVA ancora dovuta per le operazioni effettuate precedentemente, ancorché non abbia ricevuto il pagamento del corrispettivo; allo stesso modo, a partire dalla stessa liquidazione periodica il contribuente può esercitare la detrazione dell’IVA sugli acquisti effettuati in precedenza, anche se non abbia ancora pagato il corrispettivo al fornitore.
In sostanza, la fuoriuscita dal regime di cassa comporta la cessazione, nell’ultimo mese (non è presa in considerazione la frequenta trimestrale), del differimento sia dell’esigibilità sia del diritto alla detrazione.