Premessa

La Legge di Stabilità 2015, con particolare riferimento ai commi da 37 a 45 dell’articolo 1, ha introdotto il regime del patent box che prevede l’esclusione dal reddito complessivo dei redditi derivanti dall’utilizzo di alcuni beni immateriali. Persone fisiche, società di capitali, società di persone e, più nello specifico, i soggetti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettera d), del Testo Unico di cui al D.P.R. 24 dicembre 1986, n. 917 potranno esercitare l’opzione per beneficiare dell’esclusione dalla tassazione nella misura del 50% del reddito derivante dall’utilizzo dei beni strumentali. Sono escluse dalla formazione del reddito, inoltre, le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni oggetto di agevolazione a condizione che almeno il 90% del corrispettivo derivante dalla vendita sia reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, nella manutenzione e nello sviluppo di altri beni immateriali.

La Legge di Stabilità, tuttavia, ha rinviato ad un successivo decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’individuazione delle modalità di attuazione del meccanismo del patent box. Con DM 30 luglio 2015 sono state definite le disposizioni di attuazione del regime opzionale di tassazione dei redditi. Ma sarà la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 36/E del 1° dicembre 2015 a fornire i primi importanti chiarimenti in tema di patent box.

Nel G20 di Lima svoltosi nel 2015, i Ministri delle Finanze e i Governatori delle Banche Centrali hanno approvato alcune misure per definire una riforma delle regole fiscali internazionali. In particolare è stato concluso un accordo sul cosiddetto progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) al fine di contrastare le strategie di natura fiscale che talune imprese pongono in essere per erodere la base imponibile e, di conseguenza, sottrarre imposte al fisco. Nel Final Report, il Progetto BEPS prevede quindici diverse azioni ritenute fondamentali per raggiungere le finalità del progetto stesso.

Più nel dettaglio è l’Action 5 (Countering Harmful Tax Practices More Effectively, Taking into Account Transparency and Substance) del Progetto BEPS ad affrontare il tema legato alle pratiche fiscali dannose, utilizzando metodologie condivise nello stabilire standard minimi da rispettare per poter usufruire di regimi di favore. È previsto, a tal fine, uno scambio obbligatorio di informazioni tra Paesi, in merito alle decisioni riguardanti i regimi agevolati in vigore e le procedure ad essi correlate.

È proprio in considerazione dell’Action 5 del Base Erosion and Profit Shifting e, in particolare, dell’Agreement on Modified Nexus Approach for IP Regimes che ogni Stato membro ha formulato una propria disciplina del patent box, in molti casi “personalizzandola” in base alle proprie esigenze. Prova ne è che il legislatore italiano ha inizialmente inserito i marchi d’impresa fra i beni oggetto di agevolazione, sebbene questi non fossero contemplati all’interno del Progetto BEPS, salvo – poi – “ravvedersi” con il D.L. 50/2017.

Introduzione al patent box

Il regime opzionale del patent box è stato introdotto dall’articolo 1, commi da 37 a 43 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 e successive modificazioni. La normativa stabilisce, in sintesi, che i redditi derivanti dall’utilizzo diretto o in concessione in uso a terzi di software protetto da copyright, da brevetti industriali, da disegni e modelli, nonché da processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili, non concorrono a formare il reddito complessivo (Irpef e Ires) e il valore della produzione ai fini Irap, in quanto esclusi per il 50% del relativo ammontare.

Più nel dettaglio la norma prevede, per tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, inclusi i soggetti non residenti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, a condizione che siano residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio è effettivo, la parziale detassazione dei proventi derivanti dallo sfruttamento di taluni beni immateriali.

Non concorrono a formare il reddito complessivo neppure le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni oggetto di agevolazione, a condizione che almeno il 90% del corrispettivo derivante dalla loro cessione sia reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali agevolabili.

Il patent box si applica anche ai redditi derivanti dall’utilizzo congiunto di beni immateriali, collegati tra loro da vincoli di complementarietà, ai fini della realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di processi, sempre che tra i beni immateriali utilizzati congiuntamente siano compresi unicamente quelli rientranti tra i beni agevolabili.

Esercizio dell’opzione

Il regime agevolato del patent box si applica su opzione, a condizione che i soggetti beneficiari svolgano attività di ricerca e sviluppo, anche mediante contratti di ricerca stipulati con società diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa ovvero con università o enti di ricerca e organismi equiparati, finalizzata alla produzione dei beni immateriali oggetto di agevolazione.

L’opzione ha durata per cinque esercizi sociali ed è irrevocabile e rinnovabile. Fino al 2016 l’opzione era comunicata all’Agenzia delle Entrate mediante specifico modello denominato “Opzione per il regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo di beni immateriali” adottato con provvedimento del 10 novembre 2015. A partire dal 2017, invece, l’opzione è comunicata nella dichiarazione dei redditi e decorre dal periodo d’imposta al quale la stessa dichiarazione si riferisce (mod. Redditi 2018).

Soggetti beneficiari

Possono optare per il regime del patent box, a condizione che esercitino attività di ricerca e sviluppo, tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa:

  • persone fisiche che esercitano imprese commerciali;
  • società per azioni e in accomandita per azioni;
  • società a responsabilità limitata;
  • società cooperative;
  • società di mutua assicurazione;
  • enti pubblici e privati diversi dalle società nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
  • enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato;
  • società in nome collettivo e in accomandita semplice;
  • società ed enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.

Sono esclusi dall’applicazione del beneficio del patent box i seguenti soggetti:

  • società assoggettate alle procedure di fallimento dall’inizio dell’esercizio in cui interviene la dichiarazione di fallimento;
  • società assoggettate alle procedure di liquidazione coatta dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il provvedimento che ordina la liquidazione;
  • società assoggettate alle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il decreto motivato che dichiara l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria sulla base del programma di cessione dei complessi aziendali di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270.

Determinazione del reddito del bene immateriale

Dopo aver individuato i beni oggetto di agevolazione, l’impresa può procedere alla determinazione del reddito del bene immateriale. Si ricorda che rientrano nell’ambito applicativo dell’opzione del patent box sia la concessione in uso del diritto all’utilizzo dei beni immateriali e sia l’uso diretto dei beni immateriali nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni oggetto di agevolazione. Ciò vuol dire che l’impresa potrà beneficiare di una parziale esenzione ai fini Irpef/Ires e Irap sia nel caso in cui il diritto all’utilizzo del bene immateriale è ceduto a terzi pur mantenendo la proprietà del bene stesso, sia quando è l’impresa che utilizza direttamente il bene immateriale nonché nei casi in cui il bene venga ceduto a terzi e da ciò ne derivi una plusvalenza, sempre che il 90% del corrispettivo derivante dalla cessione sia reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali agevolabili.

Alla luce di queste importanti premesse, le imprese che concedono in uso i beni immateriali a soggetti terzi e quelle che ne ricavano un utile dalla loro cessione possono effettuare il calcolo per l’identificazione del reddito in via autonoma. Infatti, dai contratti di cessione è possibile rilevare il ricavo annuo mentre, in caso di vendita del bene, la plusvalenza è determinata attraverso una semplice procedura contabile che tiene conto, fra l’altro, del prezzo di vendita del bene.

È opportuno rappresentare che, come previsto dall’art. 7 del D.M. 30 luglio 2015, nel caso della cessione in uso del bene immateriale l’impresa deve detrarre i costi fiscalmente rilevanti diretti e indiretti connessi al bene stesso, di competenza del periodo d’imposta. In sintesi: è la differenza tra ricavi e costi che determinerà la base su cui applicare la detassazione.

Per quanto riguarda, invece, la plusvalenza si ricorda che l’investimento di almeno il 90% del corrispettivo derivante dalla cessione del bene deve essere effettuato in attività di ricerca e di sviluppo finalizzate allo sviluppo, al mantenimento e all’accrescimento di altri beni immateriali svolte:

  • direttamente dal soggetto beneficiario;
  • mediante contratti di ricerca da università o enti di ricerca e organismi equiparati;
  • mediante contratti di ricerca da società, anche start-up innovative diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa (soggetti terzi);
  • mediante contratti di ricerca da società, anche start up innovative, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, le quali si siano limitate a fare svolgere le attività di ricerca e sviluppo da università, enti di ricerca o soggetti terzi.
Si ricorda, inoltre, che qualora l’impresa non provveda a reinvestire almeno il 90% del corrispettivo derivante dalla cessione del bene in altri beni immateriali, il reddito conseguito nel secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui si verifica la cessione deve essere aumentato dell’importo della plusvalenza che avrebbe concorso a formare il reddito nel periodo di imposta in cui è stata realizzata.

La questione è diversa e, per certi versi, più complessa quando l’impresa utilizza direttamente i beni oggetto di agevolazione. In tali casi, infatti, il contributo economico dei beni immateriali alla produzione del reddito complessivo deve essere determinato sulla base di un apposito accordo (procedura di ruling) che ha ad oggetto la determinazione, in via preventiva e in contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, dell’ammontare dei componenti positivi di reddito impliciti e dei criteri per l’individuazione dei correlati componenti negativi.

Procedura di ruling

La procedura di ruling deve essere obbligatoriamente avviata per la determinazione del contributo economico alla produzione del reddito d’impresa o della perdita in caso di utilizzo diretto dei beni immateriali. Il legislatore, inoltre, prevede due ulteriori casi in cui è facoltà dell’impresa attivare la procedura di ruling:

  • determinazione del reddito derivante dall’utilizzo dei beni immateriali realizzato nell’ambito di operazioni con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
  • determinazione delle plusvalenze realizzate nell’ambito di operazioni con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.

Si tratta di un aspetto non irrilevante nel regime del patent box. Il legislatore, infatti, stabilisce che il regime del patent box si applica a condizione che i beneficiari svolgano attività di ricerca e sviluppo anche mediante contratti di ricerca purché questi non siano stipulati con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa. Può accadere, tuttavia, che la cessione del diritto d’uso dei beni o la plusvalenza avvengano nell’ambito di operazioni intercompany. Al fine di evitare successivi contenziosi con l’Agenzia delle Entrate, il legislatore ha permesso comunque di attivare la procedura di ruling affinché le imprese possano valutare preventivamente la propria posizione prima di beneficiare dell’agevolazione.

L’avvio della procedura di ruling è subordinato all’invio di apposita istanza in carta libera all’Agenzia delle Entrate, tramite raccomandata con avviso di ricevimento o direttamente all’ufficio. Copia dell’istanza e della relativa documentazione deve essere prodotta su supporto informatico. Entro 120 giorni dalla presentazione dell’istanza dovranno essere prodotte eventuali memorie integrative. Gli uffici dell’Agenzia delle Entrate inviteranno l’impresa a comparire per mezzo del suo legale rappresentante per verificare la completezza delle informazioni fornite, formulare eventuale richiesta di ulteriore documentazione ritenuta necessaria e definire i termini di svolgimento del procedimento in contraddittorio. La procedura sarà, infine, perfezionata tramite la sottoscrizione di un accordo da parte del responsabile dell’ufficio competente dell’Agenzia e di un responsabile dell’impresa.

È prevista, infine, una semplificazione nelle modalità di accesso alla procedura di ruling obbligatoria per microimprese e Pmi al fine di determinare il contributo economico alla produzione del reddito complessivo derivante dall’utilizzo diretto del bene immateriale.

Determinazione della quota di reddito agevolabile

Verrà illustrata di seguito la procedura per il calcolo del reddito agevolabile ai fini del patent box. Dopo aver determinato il reddito che deriva dall’utilizzo diretto o indiretto ovvero dalla cessione del bene strumentale si procede con l’individuazione di un coefficiente (c.d. nexus ratio) tramite il quale occorre riparametrare il reddito. Più nel dettaglio, secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 42, della Legge 23/12/2014, n. 190, la quota di reddito agevolabile è determinata sulla base del rapporto tra:

  1. i costi di attività di ricerca e sviluppo, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti per il mantenimento, l’accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale;
  2. i costi complessivi, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti per produrre tale bene.

I costi di cui al punto a) fanno riferimento alle attività di ricerca e sviluppo svolte:

  1. direttamente dai soggetti beneficiari;
  2. da università o enti di ricerca e organismi equiparati;
  • da società, anche start-up innovative, diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.

Tale importo è incrementato:

  1. dei costi afferenti le attività di ricerca e sviluppo derivanti da operazioni intercorse con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa per la quota costituita dal riaddebito di costi sostenuti da queste ultime nei confronti di soggetti terzi;
  2. dei costi afferenti alle attività di ricerca e sviluppo sostenuti dal soggetto beneficiario nell’ambito di un accordo per la ripartizione dei costi, almeno fino a concorrenza dei proventi costituiti dal riaddebito dei costi di cui al punto precedente ai soggetti partecipanti all’accordo.

L’importo così determinato, inoltre, è aumentato di un importo corrispondente alla differenza tra i costi complessivi di cui al precedente punto b) e i costi R&S di cui al precedente punto a) e dei relativi incrementi, comunque, fino alla concorrenza del 30% dell’importo dei costi R&S e dei relativi incrementi.

I costi complessivi di cui al punto b) sono costituiti dai costi R&S di cui al punto a) e dei relativi incrementi, aumentati:

  1. dei costi derivanti da operazioni intercorse con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sostenuti per lo sviluppo, mantenimento e accrescimento del bene afferente alle attività di ricerca e sviluppo;
  2. del costo di acquisizione, anche mediante licenza di concessione in uso, del bene immateriale sostenuto nel periodo di imposta.

Secondo quanto espressamente previsto dalla normativa, fino al 2017 i costi da prendere in considerazione sono quelli sostenuti nel periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione dei redditi e nei tre periodi d’imposta precedenti e sono assunti complessivamente. A partire dal 2018, i costi sono quelli sostenuti nei periodi d’imposta in cui le disposizioni del patent box trovano applicazione e sono assunti distintamente per ciascun bene immateriale.

Il nexus ratio, così calcolato, deve essere moltiplicato per il reddito del bene immateriale. Il prodotto di tali valori determina la quota di reddito agevolabile. Questa non concorre alla formazione del reddito d’impresa per il 50% del relativo ammontare.

 

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