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Presupposti della maxisanzione

Preliminarmente, occorre osservare come il presupposto fondamentale per l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 3, L. n. 73/2002 (così come novellata dalla L. n. 183/2010), era ed è quello dell’impiegodi lavoratorinon comunicati preventivamente al Centro per l’Impiego.

Resta, altresì immutata la circostanza, secondo cui la norma in analisi rimane applicabile solo riguardo al lavoro dipendente.

Non troverà, pertanto, applicazione nei confronti di quelle fattispecie contrattuali che, sebbene da comunicare al Centro per l’Impiego (vedi i co.co.pro., associati in partecipazione, co.co.co. non riconducibili ad attività libero professionali e collaborazioni occasionali), siano effettivamente considerabili come tali.

Qualora, tuttavia, gli organi di vigilanza, dovessero procedere al disconoscimento di quest’ultime tipologie contrattuali, non sarà, comunque possibile irrogare la maxisanzione, qualora il datore di lavoro abbia proceduto ad effettuare gli adempimenti contributivi propri di tali fattispecie negoziali.

Parzialmente diverso è il discorso per:

Tipologie contrattuali che prevedono una modalità di denuncia della prestazione diversa dalla comunicazione al Centro per l’Impiego

Trattasi dei lavoratori accessori (art. 70, D.lgs. n. 276/2003) e dei collaboratori/coadiuvanti familiari non accidentali.

Per entrambe le categorie di lavoratori il presupposto per l’applicazione della maxisanzione sarà la mancata comunicazione on-line all’Inps (per i primi) e all’Inail (per i collaboratori). Va comunque dato atto che anche in tali ipotesi l’applicazione della sanzione de quo passerà attraverso la riconducibilità della prestazione nell’alveo della subordinazione.

Tipologie contrattuali che non devono essere comunicate al Centro per l’impiego e sono esonerate da qualunque adempimento di tipo contributivo/assicurativo.

Nel novero della seconda ipotesi vi rientrano le prestazioni autonome (ex art. 2222 c.c.) con compenso inferiore ai 5.000 euro annui.

Necessitano solo del rilascio di una ricevuta con ritenuta d’acconto e della denuncia dei relativi compensi all’interno del Mod. 770 del committente

 

 Premesso che in tali casi il “problema” maxisanzione nei confronti del committente/datore di lavoro nascerebbe solo in riferimento a quelle fattispecie di lavoro autonomo “non genuine”, occorre capire se il trattamento sanzionatorio in parola sia applicabile anche quando le prestazioni siano state tempestivamente e correttamente denunciate al Fisco secondo le modalità sopra riportate.

Sul punto si registrano varie interpretazioni.

Nonostante il Ministero del lavoro, nella circolare n. 38/2010, sia lapidario nel riconoscere che “l’unica documentazione utile ad escludere la maxisanzione è quella comprovante l’assolvimento degli obblighi di natura contributiva”, nello stesso intervento si legge che “ il personale ispettivo provvederà ad irrogare la maxisanzione in assenza di una documentazione utile ad una verifica circa la pretesa autonomia del rapporto (iscrizione alla Camera di Commercio, possesso di partita iva, produzione di valida documentazione fiscale precedente all’accertamento

Al di là di quella che potrebbe apparire una lieve contraddizione, lo stesso Dicastero, nel parere n. 37/2012, sempre a proposito delle prestazioni ex art. 2222 c.c., appare deciso nel sostenere che “qualora emerga che in realtà hanno di fatto realizzato vere e proprie prestazioni di carattere subordinato, si applica la maxisanzione per lavoro “nero” .

Sebbene si registrino diversità di vedute anche presso la giurisprudenza di merito, una delle poche pronunce di Corte d’Appello (quella di Brescia n. 260/2013) esistenti sul punto, non ha avuto riserve nel sostenere che “il mod. 770, quale dichiarazione fiscale attestante le ritenute fiscali operate dal sostituto d’imposta ed il versamento delle ritenute d’acconto IRPEF operate sui lavoratori autonomi occasionali, non rappresenta una scriminante ai fini dell’eventuale applicazione della maxi-sanzione per lavoro nero”.

Fattispecie particolari e scriminanti

Fermo restante che il lavoro domestico costituisce l’unica forma di lavoro dipendente esclusa dall’applicazione della sanzione in parola, il legislatore ha confermato le scriminanti previste nelle ipotesi di:

1 – Ravvedimento operoso: Tale ipotesi ricorre quando il datore di lavoro, antecedentemente al primo accesso in azienda del personale ispettivo o di una eventuale convocazione per l’espletamento del tentativo di conciliazione monocratica, regolarizzi spontaneamente e, integralmente, per l’intera durata, il rapporto di lavoro, avviato originariamente senza una preventiva comunicazione obbligatoria di instaurazione.

2 – Assenza di una volontà di occultare il rapporto di lavoro: Tale circostanza ricorre con la produzione dell’unica documentazione che il legislatore ritiene idonea ad escludere l’applicazione della maxisanzione, ovvero, quella comprovante l’assolvimento degli obblighi di natura contributiva (DM10, EMENS. UNIEMENS)

3 – Causa di forza maggiore e eventi straordinari: Sono da ricomprendere in tali fattispecie non solo gli eventi naturali catastrofici (incendi, alluvioni, uragani; terremoti, ecc.), ma anche quelli che per la loro imprevedibilità rendono improcrastinabile l’assunzione ed impossibile la relativa comunicazione.

Non rientrano in tali ipotesi le assunzioni d’urgenza e quelle “extra” nel settore turistico dove viene prevista, comunque, una comunicazione preventiva con dati semplificati da integrare entro tre giorni dall’inizio della prestazione lavorativa.

Impianto e procedimento sanzionatorio

A seguito delle novità apportate dal D.L. n. 145 , le sanzioni previste hanno subito un aumento del 30%.

Pertanto, tutti quei periodi lavorativi “in nero”, iniziati il 24 dicembre 2013, ovvero, iniziati prima e cessati (vuoi perché regolarizzati vuoi per la cessazione del rapporto di lavoro) dopo il 23/12/2013, saranno soggetti al nuovo regime sanzionatorio che va:

da un minimo di 1.950 euro ad un massimo di 15.600 euro,

più 195 euro per ogni giorno di occupazione irregolare

 

Aumentano le sanzioni anche in relazione alla c.d. “mini maxisanzione”, la quale va comminata ogni volta che il datore di lavoro comunichi il dipendente prima dell’inizio degli accertamenti ispettivi, occultando, tuttavia, un periodo lavorativo pregresso.

La sanzione, in tali casi, passa

da un minimo di 1.300 ad un massimo di 10.400 euro,

maggiorata di 39 euro per ogni giorno di occupazione irregolare

Altra novità apportata dal D.L. n. 145, convertito dalla legge n. 9/2014, riguarda la non diffidabilità delle violazioni in esame, ovvero, l’ inapplicabilità di quel procedimento premiale menzionato nelle premesse. Pertanto, il datore di lavoro, in sede di verbale unico, si vedrà contestata direttamente la sanzione in misura ridotta, pari a:

3.900 euro, maggiorata di 65 euro per ogni giorno di occupazione irregolare

(nelle ipotesi maxisanzione ordinaria)

e

2.600 euro, maggiorata di 13 euro giornaliere (mini-maxisanzione)

 

Occorre in ultimo ricordare che il legislatore ha voluto lenire gli effetti dell’inasprimento sanzionatorio, stabilendo che “restano soggette alla procedura di diffida le violazioni commesse prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.”

Pertanto, sia i periodi di lavoro “nero” iniziati prima del 24 dicembre che quelli iniziati dopo, saranno soggetti alla procedura premiale di cui sopra, qualora siano cessati o comunicati al Centro per l’Impiego prima del 21 febbraio 2014.

 

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